Le sentenze di Cassazione Animaliste
È proprio così che si arriva a due pronunce proprio della Corte di Cassazione sui reati di maltrattamento e uccisione di animali, secondo le quali il concetto di necessità identifica “ogni altra situazione che induce all’uccisione o al danneggiamento dell’animale per evitare un pericolo imminente o un danno giuridicamente apprezzabile” (Corte di Cassazione, 28 febbraio 1997, n. 1010) e anche se la crudeltà è di per sé caratterizzata dalla spinta di un motivo abietto o futile, “Rientrano nella fattispecie anche le condotte che si rivelino espressione di particolare compiacimento o di insensibilità” (Corte di Cassazione, sez III, 29 luglio 1999, n. 9668, in CED Cass., Rv. 214802).Ad una prima lettura, può sembrare che i giudici cassazionisti stiano ribadendo l’ovvio – almeno alla luce dei principi espressi nella Legge 189/04, in accordo alla quale “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona […] è punito”. In realtà, invece, quelle due sentenze indeboliscono parecchio la (minima) garanzia di non essere incriminato che quella stessa legge offriva a chi lavora con gli animali: la necessità è relegata ai pericoli imminenti o comunque a danni apprezzabili, e un atteggiamento soggettivo come l’insensibilità viene fatto rientrare nella definizione di crudeltà. Per chiarire il concetto: un macellaio, quando svolge il suo lavoro, piange ogni volta che produce una bistecca? Se non lo fa, è perché è un insensibile? Potrebbe essere incriminato?Fortunatamente esistono anche sentenze di Cassazione che ribadiscono quanto sancito dalla legge:La Procura di Pistoia si era opposta all’assoluzione in primo grado del titolare di una struttura definita circense, citato a giudizio per maltrattamento di animali.
I Magistrati Animalisti
Esattamente come ha fatto con la politica, il movimento animalista è entrato in contatto con i magistrati dapprima in punta dei piedi, invitandoli come relatori ad alcuni convegni oppure offrendo visibilità in occasione di particolari sentenze “vicine alla causa”; poi più spudoratamente, coinvolgendoli addirittura all’interno delle proprie strutture organizzative. È il caso, ad esempio, di Maurizio Santoloci, che ci ha lasciati l’anno scorso. Egli è stato giudice della corte di Cassazione e direttore del Centro Studi del Corpo Forestale dello Stato, è stato anche vicepresidente del WWF e fino alla fine ha diretto l’ufficio legale della LAV.Sarebbe quanto meno lecito avere il dubbio che essere allo stesso tempo giudice e direttore dell’ufficio legale di un’organizzazione privata possa rappresentare un conflitto di interessi.

I dati ci raccontano un fatto assai curioso: negli ultimi 15 anni sono aumentate in modo esponenziale le volte in cui il movimento animalista ha fatto ricorso alla magistratura, sia per ottenere indagini e sequestri ai danni di possessori di animali o per bloccare provvedimenti statali (es. ricorsi al TAR o al Consiglio di Stato contro i piani di controllo della fauna selvatica dell’ISPRA).Ad ogni modo, il prosieguo delle vicende processuali pocanzi narrate vede aumentare il numero di esposti depositati dalle associazioni animaliste contro le attività produttive con animali, e conseguentemente il numero dei sequestri di animali e dei relativi procedimenti giudiziari, il cui svolgimento è contraddistinto da una sempre maggior disinvoltura.
Perchè stanno aumentando i sequestri di animali?
Tenendo presente che ai sensi della legge 189/2004 le associazioni animaliste possono denunciare i reati che riguardano gli animali, essere affidatarie degli animali oggetto di provvedimenti di sequestro o di confisca, essere destinatarie delle entrate derivanti dall’applicazione delle sanzioni, costituirsi parte civile ai processi non stupisce che possa esserci l’interesse a denunciare quanti più reati possibili (reali o immaginari che siano).Cominciamo col dire che è veramente difficile che le associazioni animaliste depositino contro qualcuno una “querela”, che presuppone l’individuazione di un reato e di un colpevole ed una esplicita richiesta all’Autorità Giudiziaria di procedere per punirlo;
In compenso depositano un’infinità di “esposti”, che sono in sostanza delle segnalazioni all’Autorità Giudiziaria per sottoporle fatti visti, sentiti, letti, a volte raccontati in modo più o meno originale, affinchè valuti lei se ricorre un’ipotesi di reato.
Contemporaneamente, in genere, bombardano allo stesso modo di segnalazioni anche le Forze di Polizia fino a che, o su ordine della Magistratura o d’iniziativa della Forza di Polizia, qualcuno non interviene.
Ciò vuol dire che, anche se sotto il pressing delle associazioni animaliste che hanno fatto le segnalazioni e che magari pure collaborano con qualche loro socio che può essere pure nominato stranamente ausiliare di Polizia Giudiziaria, ad intervenire sono la Magistratura o la Forza di Polizia: sono loro che decidono se ricorre o meno un’ipotesi di reato ed eventualmente di sequestrare gli animali, così, anche nel caso in cui il processo poi dimostrasse che non c’era nessun reato, le associazioni animaliste non potrebbero essere ritenute responsabili di nulla: loro hanno solo fatto una “segnalazione”…
Inportante per avere un quadro completo è il recente accordo con l’onlus animalista LAV e il Corpo dei Carabinieri, il quale prevede, oltre che lo scambio di informazioni, anche la formazione delle Forze di Polizia su profili tecnico-giuridici in materia di tutela degli animali e dell’ambiente: In un fascicolo, la LAV istruiva già la Polizia di Stato sostenendo che (a pag.16) “non è da ritenersi necessaria la presenza di un medico veterinario per accertare lo stato di maltrattamento dell’animale; viene anzi sostenuto che tutti gli organi di polizia giudiziaria siano tenuti ad accertare il reato di maltrattamento, evidenziando come al contrario i servizi veterinari delle ASL non siano elencati (pag. 17) dalle disposizioni in materia di maltrattamento animale”.
Successivamente le associazioni animaliste si fanno affidare gli animali e iniziano gli appelli per chiedere soldi: sostegno e donazioni per i “poveri animali” che avrebbero “salvato”.
Poi, possono decidere di continuare a tenersi gli animali, in strutture proprie o convenzionate, oppure possono decidere di sub affidarli a privati, magari a fronte di un contributo. Ci sono stati casi in cui gli animali sequestrati si sono proprio volatilizzati.
Intanto al procedimento lavora un Tribunale, a spese della Comunità e per anni con i tempi della Giustizia attuali.
Solo qualche volta, dopo anni, il procedimento culmina in un processo, che qualche volta si conclude con una condanna. In quei casi le associazioni animaliste chiedono e in genere ottengono anche un risarcimento e ci fanno un bell’articolo sui giornali. Molte volte, però, il procedimento si conclude con l’estinzione del reato per prescrizione, quando non con una vera e propria assoluzione, ma ormai è troppo tardi perché il proprietario degli animali che aveva subito il sequestro possa ricuperarli.
Molti animali dopo un certo periodo di tempo muoiono, oppure se i subaffidatari si sono affezionati non vogliono di certo tornarli al legittimo proprietario, altri scompaiono proprio.
Ci sono stati addirittura diversi casi in cui l’imputato, pur innocente, ha preferito rinunciare alla proprietà dei suoi animali purché il Magistrato decretasse la chiusura di un procedimento dispendioso sia in termini di tempo che economici.
In tutti i casi le associazioni animaliste ci hanno guadagnato, non corrono alcun rischio di rimetterci e, come detto, nemmeno di essere ritenute responsabili per un procedimento che non avrebbe mai dovuto tenersi, costato un sacco di soldi agli Italiani, o per un sequestro illegittimo ai danni di persone rilevatesi in seguito innocenti.
Fonti:
Federfauna, Pro-Test Italia.
Approfondimenti:
Quel curioso accordo tra la LAV e i Carabinieri, Next Quotidiano (17 agosto 2917)
Processo Green Hill: il perito imparziale del PM (socio della LAV) Pro-Test Italia (13 gennaio 2015)
Ma la LAV vuole dettare legge ai magistrati e agli ordini professionali? Federfauna (8 novembre 2011)