l’Ecoterrorismo

Il movimento animalista da quando è’ comparso negli anni ’70 si è contraddistinto per un’organizzazione binaria: da un lato ci sono gruppi e associazioni dedite ad attività propagandistiche e di advocacy mentre dall’altro  una galassia eterogenea di attivisti che perseguono obiettivi diversi con metodologie differenti, dalle manifestazioni, sit-in, banchetti informativi, raccolte firme e fondi, mailbombing, alle attività illecite.
Tra le attività illecite ritroviamo, incursioni negli allevamenti e nei laboratori ai danni di chi opera con gli animali), i quali in genere vengono rivendicate dagli “A.L.F.” (Animal Liberation Front). 

Il Movimento ALF

Il movimento A.L.F. è stato fondato nel 1976 in Inghilterra da Ronnie Lee, attualmente è diffuso in circa una quarantina Paesi, particolarmente nelle nazioni ricche e industrializzate. È caratterizzato da gruppi indipendenti composti da amici e conoscenti (cellule segrete) senza leader, comprese persone singole (cellula solista), pertanto non si può parlare di una vera e propria organizzazione.

Tali cellule agiscono clandestinamente tramite azione diretta nel nome dei diritti degli animali: le azioni possono comportare sia l’abigeato, che il ricorso al danneggiamento e alla distruzione della proprietà, ma anche minacce e persecuzioni di vario tipo nei confronti di coloro che vengono definiti come torturatori di animali.

Gli Attivisti ALF sostengono che gli animali non dovrebbero essere considerati come oggetti o proprietà, ma che abbiano dei diritti in quanto “soggetti di vita” , come afferma il filosofo antispecista Tom Regan. Seguendo questo principio, i militanti affermano che gli animali che sottraggono ai centri di ricerca, alle aziende agricole e agli allevamenti non siano rubati, ma “liberati”. In tal senso gli attivisti rifiutano la posizione assistenzialista all’animale tout-court: il loro scopo non è certamente un trattamento più umano per gli animali o l’implementazione delle normative sul benessere animale, non solo le gabbie più grandi ma le “gabbie vuote” [uno dei loro slogan n.d.r.].

Secondo gli ALF, tuttavia, non basta rubare gli animali dai laboratori e dagli allevamenti per perseguire il proprio obiettivo di “liberazione”, perché questi verranno sostituiti immediatamente, ma bisogna distruggere le strutture che li detengono: in questo modo non solo viene rallentato il processo di rifornimento, ma aumentano i costi di gestione, probabilmente fino al punto in cui allevare gli animali o fare ricerca diventi proibitivo: gli ALF ritengono che in questo modo si incoraggerà la ricerca con i metodi alternativi o il passaggio ad altri tipi di produzione che non prevedano l’uso degli animali.Come si può evincere dalle stesse dichiarazioni dei suoi attivisti e dai documenti pubblicati sulla rete, il fine ultimo del movimento ALF è sradicare l’impiego sistematico degli animali causando il fallimento finanziario delle imprese e delle persone che utilizzano gli animali.

Il codice ALF – in particolare la regola contro la violenza nei confronti degli uomini – ha comunque innescato delle scissioni all’interno del movimento degli attivisti e così sono nati anche dei gruppi violenti e pericolosi come per esempio l’ARM (Animal Rights Militia), il JD ( Justice Department ) e l’HRS ( Hunt Retribution Squad).Sotto l’aspetto della motivazione che conduce alla violenza, un parallelo può essere tracciato con i movimenti anti-abortisti di pari dinamicità. I pro-life considerano sacra la vita, così come gli animalisti radicali. Nel ricorrere alla violenza letale, gli anti-abortisti più radicali razionalizzano che l’omicidio di un medico abortista è giustificabile in quanto serve a salvare la vita di numerosi nascituri. Una logica analoga influisce sui calcoli degli animalisti radicali quando agiscono violentemente ritenendo di proteggere gli animali. Uccidere uno per salvarne mille.

 Perchè in Italia non è ancora riconosciuto il reato di ecoterrorismo

All’estero le persone che rivendicano azioni ALF o che compiono reati a danno di persone che lavorano con gli animali vengono definite come “ecoterroristi”.

Maurizio Santoloci, che è stato giudice della Corte di Cassazione e responsabile dell’Ufficio legale della LAV aveva invece espresso perplessità sull’impiego di questo termine, chiedendosi: “e se [tali atti] fossero provocatori di una strategia entro il quale l’effetto è quello di indebolire il movimento ambientalista offuscandone l’immagine?”.

Insomma, mentre altri Stati afflitti hanno risposto attivamente al problema arginandolo con opportuni piani normativi, in Italia si fatica a vedere quel lato degenere dell’animalismo e dell’ambientalismo, continuamente accresciuto da campagne martellanti e mistificatorie portate avanti da certe associazioni animaliste.

Quando le attività rivendicate dall’ALF ottengono riscontri positivi presso l’opinione pubblica, allora subentrano gli enti strutturati: quelli riconosciuti, dotati di buoni uffici stampa, esperti di marketing e soprattutto un buon budget assegnato alla voce “attività promozionali” o “campagne istituzionali” all’interno del business plan. E non privi di interessi di natura politica. I suddetti enti innestano la loro propaganda sull’azione dell’ALF attraverso l’organizzazione di campagne di sensibilizzazione, raccolte fondi, raccolte firme per proposte di leggi, mailbombing, conferenze, dibattiti. Se, al contrario, l’operazione ALF viene condannata o comunque rifiutata dall’opinione pubblica, alle associazioni animaliste non conviene comunque dissociarsi ufficialmente, in virtù di quanto detto sopra. Si può specificare di non condividere il modus operandi degli ecoterroristi, cercando allo stesso tempo di dargli dignità definendone i gesti come “disobbedienza civile“, “azioni di autodenuncia condotta alla luce del sole“, o magari parlando di “liberazione” anziché di furto. Una vera e propria rivergination.

Gianluca Felicetti (presidente della LAV) elogia il gruppo Contro Green Hill (Giuliano Floris che regge il coniglio) che ha sottratto topi e conigli dal dipartimento di Farmacologia di Milano vanificando anni di ricerca su Parkinson e Sclerosi multipla.

 Gianluca Felicetti (presidente della LAV) e Vegan (il primo beagle sottratto a Green Hill) con l’attivista di Contro Green Hill (Giuliano Floris).

Quella parte del mondo ambientalista-animalista fatta di associazioni che operano alla luce del sole, infatti, può sostenere direttamente o indirettamente anche le azioni criminali. Magari perché fatica a prenderne le dovute distanze. O talvolta arrivando addirittura a favorire la “linea dura” grazie ad una potente strategia di comunicazione fatta di demonizzazione dell’avversario, forte disinformazione.

Specialmente negli anni ‘80 e attorno al 2000 e al 2010, il braccio operativo criminale del movimento animalista ha messo a segno un numero altissimo di reati a danno di enti, sia pubblici che privati, che operano (o operavano) con gli animali. Tutto questo senza che i responsabili venissero mai individuati e giustamente perseguiti – salvo casi rarissimi – e senza che le Istituzioni adottassero adeguati provvedimenti dissuasivi o repressivi. Le azioni rivendicate dall’ALF, in virtù della loro natura violenta, possono attirarsi molta più attenzione rispetto a qualsiasi gesto legale che potrebbe compiere un’associazione non-violenta. Questo aiuta a catalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica, che magari non condivide l’atto in sé ma diventa più prona ad accettare le idee da cui quello è scaturito. In effetti, per quanto siamo i primi a renderci conto di come possa essere forzato fare un parallelismo in tal senso (perché, ricordiamolo, correlation does not mean causation), dagli anni ‘70 ad oggi il movimento animalista italiano è cresciuto molto.

Montelupo, attentato incendiario al caseificio è firmato Alf. Interessante il caso dei tre ragazzi messi in contatto da una ragazza della LAV, da cui si evince il rapporto binario che può sfociare nella collaborazione e anche l’incomprensione su cosa sia l’ALF da parte dei media. Infatti i ragazzi negano di farne parte, ovviamente. In realtà l’ALF non è un organizzazione ma un movimento e chiunque può rivendicare le proprie azioni come ALF.

 

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Il successo mediatico delle azioni ALF

 

Accade spesso, in effetti, che i gesti rivendicati dall’ALF abbiano un ruolo determinante nel creare casi mediatici e arrivare quindi a lanciare un messaggio tramite i media nazionali. Vari eventi, proprio in Italia, hanno coinvolto grosse agenzie di stampa: come la volta, nel 1998, in cui alle sedi ANSA di Bologna e Firenze furono recapitati due panettoni avvelenati con topicida Racumin, accompagnati dalla minaccia di un avvelenamento generale dei panettoni. Oppure quella in cui, nel 1999, la sede milanese dell’ANSA ricevette una polpetta cruda con tracce del topicida Coumatetralyl, assieme ad una nota che annunciava l’avvelenamento di carni e insaccati di tre grandi aziende. O, ancora, la consegna di una barretta di cioccolata Galak avvelenata presso le redazioni di AdnKronos e ANSA di Roma, avvenuta sempre nel 1999, e anche in questo caso accompagnata dall’annuncio dell’avvelenamento di altre 55 barrette a Bologna. Oppure, sempre nel 1999 nel milanese, il danneggiamento di autovetture in segno di protesta contro l’apertura della stagione della caccia, rivendicata da una lettera inviata all’ANSA dove si leggeva:“Assassini okkio. Oggi le vostre macchine, domani tocca a voi”.

I gesti compiuti dall’ALF riscuotono in ogni caso successo anche quando non coinvolgono direttamente le agenzie di stampa, soprattutto quando si tratta di attacchi incendiari (come quello ai danni di una ditta di latticini a Montelupo, nel 2013) o gesti simbolici di grande impatto, ad esempio l’aver versato inchiostro rosso nell’acquasantiera del Duomo di Rimini  per protestare contro l’usanza di mangiare agnelli durante la Pasqua (1999). Le attività preferite rimangono comunque il furto di animali e le minacce di ritorsione.

 

Per semplice curiosità, vale la pena di ricordare la fine che hanno fatto degli animali “liberati” dal Dipartimento di Farmacologia di Milano: (link)

Immagini tratte dall’album Razzia Farmacologia della pagina Facebook A Favore della Sperimentazione Animale

Le Associazioni Animaliste diffondono i nomi, poi ci pensano gli Ecoterroristi

Le grandi associazioni animaliste, però, non si fermano alle campagne mirate a proporre come positive le attività illegali compiute dalle frange più estreme. In effetti fanno anche di peggio: diffondono nomi di persone e di strutture ed enti che praticano attività con cui sono in contrasto (guarda la sezione “vittime” del sito).Ora la domanda viene spontanea: che senso ha, ai fini della tutela degli animali, mettere in campo i nomi e i cognomi delle persone (e questo include anche quelli di alcuni scienziati) anziché un’attività puramente divulgativa che spiegherebbe perché dovrebbe essere sbagliato (eticamente, scientificamente o secondo altri punti di vista) impiegare gli animali per determinate attività?

La LAV, per esempio, diffondeva un documento  “La Vivisezione in Italia Regione per Regione”. O “Green Hill: ecco la lista dei vivisettori italiani (senza anestesia). Di quelle indicate, ben due sono state prese d’assalto dagli animalisti. Come non ricordare R.T.C.? E il già citato Dipartimento di Farmacologia dell’Università di Milano (preso d’assalto sempre dal gruppo Fermare Green Hill). O, ancora a Milano, le scritte e i volantini contro i ricercatori?

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