ANIMALISMO E AMBIENTALISMO SONO DUE COSE DIVERSE
Esiste una differenza sostanziale tra animalismo e ambientalismo:
L’animalismo riconosce il diritto assoluto alla vita del singolo animale (chiunque esso sia), l’ambientalismo, invece, come punto centrale di interesse pone la biodiversità e le dinamiche tra le specie, il che, a volte, potrebbe significare anche sacrificare la vita di alcuni animali per la preservazione dell’ecosistema.
Da questo è scaturita una proliferazione di soggetti che dicono di tutelare l’ambiente, ma in realtà non solo non lo tutelano, ma spesso promuovono azioni del tutto prive di fondamenti scientifici che sottraggono la gestione ambientale a chi ne possiede le competenze.

Il colmo è quando queste associazioni (LAV, ENPA, LEIDA e LAC) hanno la qualifica di Onlus (quindi usufruiscono agevolazioni fiscali) per aver ottenuto il riconoscimento di “associazioni di tutela ambientale” e combattono a colpi di proposte di legge, ricorsi, mailbombing, e campagne di marketing le politiche di gestione della fauna selvatica, ricorrendo a teorie confuse e non scientificamente valide, che dovrebbero giustificare ideologicamente la loro contrarietà.
Oltre ciò, combattono i piani di eradicazione delle specie alloctone (ovvero che non sono tipiche di questo ambiente) e invasive (che si moltiplicano in maniera incontrollata), che sono estranee e pericolose per il nostro ecosistema.
L’ANIMALISMO È PERICOLOSO PER L’AMBIENTE
La presenza di specie invasive ha un grosso impatto sull’uomo, provocando anche rilevanti impatti sanitari: basti pensare alla zanzara tigre, introdotta accidentalmente, o all’ambrosia, pianta erbacea che causa allergie e problemi respiratori, o sulle attività umane, come i danni all’agricoltura causati dalle nutrie, grossi roditori originari del Sud America. In Europa le specie introdotte causano danni a infrastrutture, agricoltura, foreste, pesca e salute umana per 9,6 miliardi di euro l’anno; considerando i costi legati alla gestione delle specie introdotte, le perdite salgono a 12,5 miliardi €/anno (Kettunen et al. 2009). Le specie aliene, inoltre, rappresentano il fattore chiave nel 54% dei casi conosciuti di estinzione di specie animali (Clavero et. all, 2005).
SCOIATTOLO GRIGIO AMERICANO O SCOIATTOLO ROSSO EUROPEO?
Lo scoiattolo grigio nordamericano, Sciurus carolinensis, ha cominciato a diffondersi nei parchi e nei boschi italiani del nord a partire dal 1948 ed è entrato in competizione con il il nostro scoiattolo comune europeo (Sciurus vulgaris), con un risultato: dove c’è lo scoiattolo grigio non c’è più lo scoiattolo rosso. Nel Regno Unito lo scoiattolo grigio ha completamente soppiantato lo scoiattolo rosso.

Per paura dell’estinzione dello scoiattolo rosso, gli esperti di gestione faunistica hanno deciso di prendere delle misure per l’eradicazione dello scoiattolo grigio dalla stessa Unione Europea.
La presenza dello scoiattolo grigio in Italia costituisce un grave pericolo per la sopravvivenza dello scoiattolo rosso non solo nel nostro Paese, ma anche nei Paesi europei confinanti.
Popolari sono le campagne della LAV in campagne in difesa delle nutrie e dello scoiattolo grigio (che loro chiamano bonariamente “Cip e Ciop”).Mentre questa associazione richiede di ricorrere alle campagne di sterilizzazione (difficili non solo dal punto di vista economico ma anche tecnico), altre Onlus animaliste, come la VAS (Verdi Ambiente e Società) ha fatto sospendere le campagne di cattura e sterilizzazione tramite ricorsi.
LE NUTRIE NON SONO “SIMPATICI CASTORI”
La LAV e altre associazioni animaliste combattono i piani di controllo incolpando gli allevatori ed organizzano convegni e conferenze invitando esperti che si autodefiniscono “castorologi” come Samuele Venturini, responsabile nazionale caccia e fauna LAV. La nutria non è un castoro, ma il nome latino Myocastor coypus, oppure il nome della loro pelliccia, definita “pelliccia castorino”, può confondere chi non è del settore.
La nutria si sta pian piano diffondendo nella pianura Padana e arreca numerosi problemi dal punto di vista ambientale e biologico, distruggendo gli argini, la flora e la fauna locale, non essendo presenti in natura i predatori che la limitano.
“Bisognava evitare il danno!” “è colpa dell’uomo!” “Sono animali innocenti!”
queste sono le argomentazioni animaliste, quando contrastano i piani di eradicazione delle specie aliene invasive. E questo mi ha fatto riflettere a modo su quello che potrà essere un problema nuovo che dovremmo affrontare in futuro: come dicevamo, le associazioni animaliste imputano esclusivamente agli allevatori la presenza delle nutrie nel nostro ecosistema.
Non agli animalisti che le hanno liberate per anni, come stanno facendo ora con i visoni. Anzi, se dobbiamo essere sinceri, non mi sembra ci sia questa attenzione per l’ambiente da questo punto di vista, siccome non solo non prendono le distanze dagli ecoterroristi che liberano migliaia di visoni alla volta, per anni, nell’ambiente, ma sono loro stesse a promuovere (direttamente o indirettamente) certi atteggiamenti. Si veda le campagne contro gli allevamenti di visoni, per esempio la giornata “gabbie vuote” alla quale, spesso, sono seguiti sgabbiamenti in diverse parti di Italia. Non sarebbe stato più saggio proporre “da una gabbia all’altra”? Ovvero proporre di adottare gli animali che si decide da togliere agli allevamenti?
Per l’ecosistema è bene che muoiano investiti o annegati nei liquami, come spesso accade, perchè non sono animali abituati a vivere nella natura. Tuttavia non è da escludere che un giorno ciò accada. E quando i visoni si adatteranno al nostro ecosistema ed entreranno in competizione con la fauna autoctona, sarà sempre colpa degli allevatori?
GLI ANIMALI ALLOCTONI INVASIVI “BRUTTI”
Esistono altri animali invasivi alloctoni che, a prescindere dalla loro “dignità” e “diritto alla vita”, non si sono guadagnati la protezione delle associazioni animaliste, forse in virtù del loro aspetto poco gradevole. Per fare alcuni esempi il gambero rosso della Louisiana, le cozze zebrate, il punteruolo rosso.
Bisogna sperare che, qualora si presenti la necessità di gestire un animale alloctono invasivo, esso sia semplicemente e senza mezzi termini “brutto”, e tutto filerà senza problemi, senza ricorsi che tentino di bloccarne gli abbattimenti.
RIFERIMENTI:
Clavero & Garcìa-Berthou, “Invasive species are leading cause of animal extinctions” Trends in Ecology and Evolution, 20(3): 110 (2005)
Kettunen et al. , TECHNICAL SUPPORT TO EU STRATEGY ON INVASIVE
ALIEN SPECIES (IAS) Institute for European Environmental Policy (2009)
Assessment of the impacts of IAS in Europe and the EU, Service contract No 070307/2007/483544/MAR/B2
APPROFONDIMENTI:
Giulio Geluardi, “Fermate lo scoiattolo grigio”, Francia e Svizzera contro l’Italia, La Stampa ( 15/01/2015)