Diritti Animali e Disastri Ambientali: il caso dello scoiattolo grigio nel Nord Italia

Tradotto da:  Dan Perry (Bar-Ilan University), Animal Rights and Environmental Wrongs: The Case of the Grey Squirrel in Northern Italy Essays in Philosophy Volume 5 Issue 2 Animal Ethics Article 26, 1-2004

Abstract

Le specie aliene sono considerate dai biologi conservazionisti come una grande minaccia per la biodiversità. Secondo i conservazionisti, uno dei modi per affrontare la questione è l’eradicazione totale delle specie invasive. I gruppi animalisti si sono opposti in maniera continua alle campagne di eradicazione, qualche volta con successo. Uno di questi casi è stato il tentativo di eradicare lo scoiattolo grigio dal Nord Italia.

Potrebbe essere utile per entrambe le parti trovare un terreno comune su cui potersi accordare, ma le differenze prospettiche tra gli animalisti e i conservazionisti fanno si che la cooperazione sia impossibile. Personalmente suggerirei agli scienziati in generale e ai conservazionisti di confrontarsi con gli scienziati che si occupano di scienze sociali e con i filosofi morali in modo da ottenere una migliore comprensione delle implicazioni inerenti alle decisioni politiche.

Introduzione

La biologia della conservazione è un settore scientifico relativamente giovane. L’obbiettivo è quello di “sviluppare i mezzi scientifici e tecnici per la protezione, il mantenimento e il ripristino della vita sulla Terra: specie, ecosistemi e il mantenimento degli stessi.”1
Una delle maggiori minacce per la biodiversità è l’introduzione di specie esotiche o aliene. Queste possono diventare invasive e rappresentare una minaccia per le specie autoctone, oltre che causare un drammatico mutamento degli ecosistemi interi, mettendo quindi a repentaglio la loro biodiversità.

Il metodo migliore per affrontare le specie invasive è la loro eradicazione completa (Bomford and O’Brien, 1995). Quando l’eradicazione non è fattibile si possono provare altre alternative come il contenimento o il mantenimento delle specie invasive a densità inferiore.

Il movimento animalista ha ricevuto un nuovo slancio nel ventesimo secolo, nonostante le sue radici siano molto vecchie. La pubblicazione di “Animal Liberation” di Peter Singer nel 1975 è considerato come la nascita nel moderno dibattito filosofico sui diritti degli animali, dal quale ha ripreso impulso anche l’attivismo animalista (Jasper and Nelkin, 1992).

Dagli anni Settanta il movimento ha avuto una crescente influenza sull’opinione pubblica, sull’educazione e persino sulla legislazione. Il paradima principale è che almeno alcuni diritti, che sono considerati diritti umani di base, siano applicati ad alcuni animali.

La sua definizione è vaga e parziale a causa della varietà di prospettive e dottrine che coesistono all’interno del movimento dei diritti degli animali. Questo paper discuterà alcuni dei diversi punti della filosofia dei diritti degli animali e discuterà sui concetti fondanti riguardo la biologia della conservazione, mostrerà anche come queste filosofie e questi concetti sono responsabili di diversi disaccordi, incomprensioni e mancanza di cooperazione tra i movimenti dei diritti degli animali e i biologi della conservazione.

Entrambi gli animalisti e i conservazionisti si concentrano su tematiche che il pubblico generale considererebbe come “verdi”.
Entrambi ritengono che la natura o gli organismi viventi abbiano la priorità su almeno alcune considerazioni di natura economica ed entrambi vedono il ruolo dell’umanità come custode, piuttosto che come mera sfruttatrice di risorse naturali. Nonostante gli obbiettivi siano simili, l’animalismo e il conservazionismo si sono spesso trovati ai lati opposti per quanto riguarda il dibattito politico sull’ambiente.

Un esempio è quanto accaduto per l’eradicazione dello scoiattolo grigio americano in Italia: in questo articolo mostrerò come le differenze teoretiche tra animalismo e conservazionismo si siano manifestate nella situazione reale. Per comprendere i perché di questo conflitto fornirò una breve descrizione della filosofia dei diritti degli animali e dei concetti alla base della biologia della conservazione , inoltre descriverò il contesto, il processo e i risultati del tentativo di eradicazione dello scoiattolo grigio nel Nord Italia. In fine discuterò su alcuni problemi  che presenta il caso in analisi e possibili soluzioni.

La filosofia dei diritti degli animali

Ci sono diversi approcci alla filosofia dei diritti degli animali, ma tutti hanno degli aspetti in comune. E’ evidente che tutti derivano dalla filosofia morale dei diritti. Può sembrare troppo ovvio per meritare una menzione, in realtà esiste una confusione generale riguardo le differenze tra i diritti animali e il benessere (welfare) animale. Queste idee sbagliate non si presentano solo a livello dell’opinione pubblica, ho visto infatti anche alcuni articoli scientifici e ambientalisti e addirittura non sono sicuro che tutti gli animalisti siano consapevoli della differenza.
Un welfarista si impegna a ridurre la sofferenza inflitta all’animale e si impegna a migliorare le condizioni ambientali per ridurre la sofferenza fisica e mentale, oltre che opporsi all’uccisione non necessaria degli animali, non si opporrà categoricamente all’abbattimento degli animali per il consumo umano e per l’industria. Mentre alcune persone considerino il welfare animale come una forma “meno stringente” dell’ideologia animalista, io le considero come forme totalmente distinte di rapporti uomo-animale.
Molti welfaristi considerano solo gli umani soggetti morali e considerano il trattamento più umano degli animali come utile all’umanità. Gli animali possono essere proprietà umana e non sono soggetti morali in se stessi.
Il welfarismo si concentra sulla sfera morale unicamente umana. Un trattamento inumano degli animali, secondo i filosofi morali, può portare a crudeltà nei confronti degli umani. [da welfarista appassionato di scienza, devo evidenziare che non condivido questo pezzo e non esistono evidenze scientifiche della correlazione diretta tra violenza umana e animale (a,b,c) ndT]
L’uccisione non necessaria di animali può essere prevenuta per questioni economiche ed estetiche e via dicendo. Gli animali non hanno diritti sugli umani, gli umani possono avere dei doveri nei confronti degli animali, ma nessun obbligo nei loro confronti. 3

I sostenitori dei diritti degli animali attribuiscono un valore intrinseco agli animali. 4  Gli animali in sé sono soggetti morali e non sono oggetti umani. Queste visioni estendono il confine morale per includere alcuni, se non tutti gli animali.
Le stesse identiche regole applicate per i diritti umani devono essere applicate agli umani.  Nonostante tutti gli umani siano considerati aventi lo stesso identico e naturale diritto alla vita, e non ci sia argomento per negare lo stesso per gli animali senza escludere certe categorie umane così come presenta, tutti gli animali dovrebbero avere lo stesso diritto alla vita.(Regan, 1976). Il filosofo Peter Singer, considerato da molti il padre della filosofia dei diritti degli animali, richiama il principio di uguaglianza nella nostra considerazione morale degli animali. Lui non intende che bisogna garantire a tutti gli stessi diritti, siccome esistono anche differenze rilevanti che possono condizionare la tipologia di diritti che sono garantiti agli animali. Per esempio il diritto di voto, negato ai bambini che sono incapaci di valutare l’ambito politico, dovrebbe essere negato agli animali per lo stesso motivo.
La discriminazione degli animali sulla sola base del fatto che non sono umani viene considerato “specismo”, così come il sessismo per descrivere la discriminazione sessuale. Questo termine viene largamente impiegato dai fautori dei diritti degli animali e persino da alcuni welfaristi nel contesto delle attività che vengono considerate discriminatorie nei confronti degli animali. L’unicità dell’individuo animale deve essere presa in considerazione in modo identico rispetto all’unicità dell’individuo umano. Il diritto di avere l’aborto non è rilevante per i maschi allo stesso modo in cui l’educazione non è rilevante per un pesce. Ma il diritto a vivere in un ambiente salutare è rilevante per tutte le creature viventi (Rachels, 1976).

Gli umani, secondo molte dottrine dei diritti degli animali, sono una tipologia di animali dotati della capacità di giudizio morale. Il fatto che molti animali sono incapaci di cogliere le restrizioni e le direttive dei dettami del codice morale non li esclude dall’esserne la parte ricevente. Gli uomini che sono incapaci di responsabilità morale, come per esempio i bambini o le persone affette da ritardi mentali, sono comunque protetti dalla legge del codice morale. L’incapacità degli animali di distinguere il bene dal male implica che essi non siano ritenuti responsabili della violazione dei diritti altrui.

Singer considera l’individuo animale uguale a ogni altro essere quando comincia il processi di valutazione dello status morale.
Gli animali dovrebbero essere giudicati sulla base delle stesse motivazioni impiegate per gli umani. Una delle tematiche più controverse della filosofia di Singer è l’affermazione che alcune vite animali potrebbero valere più di quelle di alcuni umani. Un gorilla intelligente avrebbe più diritto alla vita di un bambino affetto da un grave danno cerebrale, siccome avrebbe una migliore comprensione della fonte del dolore inflitto ed è in grado di anticipare situazioni dolorose in futuro (Singer 1975).
Singer distingue tra l’uccidere e l’infliggere dolore. Egli considera due diversi gruppi in relazione all’uccidere. Uno è un gruppo di perone che sono esseri coscienti e auto-coscienti. Il secondo gruppo comprende gli esseri coscienti che non sono auto-coscienti. Uccidere una persona contro il suo volere è moralmente sbagliato siccome la persona ha delle aspettative e speranze per il futuro che non potrebbero essere realizzate dopo la sua morte.  Distinguere le persone dalle non-persone è complicato, e si raccomanda un approccio precauzionale (Singer, 1993, pp. 83-109). Uccidere le non-persone, secondo Singer, può in alcuni casi speciali essere moralmente accettabile. Anche qui si raccomanda l’approccio precauzionale e bisogna esaminare tutti gli aspetti della situazione prima che si possa compiere una decisione di natura razionale e morale. (Singer, 1993, pp. 110-134).
La sensazione è una delle qualità più frequentemente associata ai valori morali. Alcune delle restrizioni che sono state ottenute nella sperimentazione animale sono basate su queste caratteristiche, per questo applicate alle grandi scimmie e a molti altri Mammiferi, ma non ad animali inferiori con un sistema nervoso più primitivo. Il principio base di ciò è che un individuo, umano e non-umano, che può provare dolore, sofferenza, desideri eccetera, dovrebbe avere la stessa protezione morale e legale fornita dagli umani dotati di uno simile stato mentale. Questo genere di protezione non include solo gli animali all’interno di una considerazione morale, ma fornisce anche alcune distinzioni tra di essi. Gli umani potrebbero possedere una maggiore comprensione dei processi che causano pena e sofferenza, oltre che anticipazione di essi.  Alcuni animali superiori possono avere le stesse capacità, mentre altri meno o nessuna. La questione principale è se posssiamo giudicare positivamente gli animali che provano dolore e quanto questo possa affliggerli.

I diritti degli animali vengono considerati a livello individuale. Ogni individuo è un essere vivente, senziente, cosciente di sé, ha il diritto alla vita 5, cosa che un essere umano non può violare a patto che non rischi la propria vita. (per es. legittima difesa).  La specie intesa come gruppo può avere valore e persino qualche importanza dal punto di vista morale secondo diversi filosofi (Rolston, 1988), ma queste idee sono maggiormente espresse dai filosofi ambientalisti. I diritti animali si identificano principalmente come diritti individuali.

Principi della Biologia della Conservazione

La biologia della conservazione si preoccupa delle specie, delle popolazioni e degli individui, o persino degli eventi globali. Non è interessata all’animale come individuo, ma all’impatto della popolazione intera o dalla comunità. Molti principi del conservazionismo si sono formati negli anni, nel corso degli anni, ognuno con un’enfasi unica che di solito è il prodotto delle filosofie che prova ad attuare. I due paradigmi base della biologia della conservazione durante gran parte del XX secolo sono stati l’approccio alle risorse e il conservazionismo (Callicott and Mumford, 1997), il primo è più antropocentrico, il secondo è biocentrico.

L’approccio alle risorse descrive la natura come una combinazione di risorse di valore per gli esseri umani che conviene preservare per l’uso presente e il futuro. Alcune risorse(come gli alberi per impiegati per il legno e il pesce per scopi alimentari) sono rinnovabili.  La gestione delle risorse richiede una comprensione dei processi ecologici implicati nella loro produzione. L’obbiettivo principale è produrre una resa maggiore senza compromettere la produttività futura delle risorse. Questa visione è strettamente correlata al principio funzionalista dell’ecologia della conservazione.  . Secondo la visione funzionalista, gli uomini sono parte della natura, e dunque le attivita umana e’ parte della natura, dunque è una parte legittimabile dei processi ecologici. Alcuni potrebbero trovare persino legittimabile l’introduzione di specie esotiche per uso umano, come nella pesca sportiva. La parola chiave dell’approccio alle risorse è “sostenibiltà”: pesca sostenibile, agricoltura sostenibile,  disboscamento sostenibile e sviluppo sostenibile sono alcuni dei concetti derivati da questa idea.
Il conservazionismo, invece, da valore alla natura per il bene della stessa.  L’antropizzazione ci separa dalla natura e le nostre attività non possono essere considerate come parte dell’ecosistema. Il concetto del conservazionismo è associato al principio composizionalista, che considera l’umanità come forza distruttiva nei processi ecologici (Callicott et al. 1999). Siccome le attività umane sono considerate distruttive, un conservazionista cercherà di ridurle al minimo impatto nei confronti del resto della biosfera. L’obbiettivo del conservazionismo è ridurre l’impatto antropico sulla biosfera il più possibile. Questo è il principio base dietro le riserve naturali, dove l’attività umana è ridotta al minimo.  Inizialmente le parole chiave del conservazionismo sono state “aree naturali” e “aree vergini” e le riserve sono state considerate paradisi sicuri per la fauna selvatica. Durante i decenni passati il concetto di “biodiversità” e’ emerso come aspetto dominante delle attività conservazioniste e le riserve naturali sono considerate come “riserve di biodiversità” e si concentravano sulla preservazione delle specie in via di estinzione, o di fenomeni naturali unici (Simberloff, 1998).

Ultimamente si è suggerito come sostituto “integrità biologica”, ed è stato suggerito di modificare le riserve per una singola specie a riserve per l’intera comunità o processi ecologici annessi (Angermeier and Karr 1994).

La teoria delle risorse e il conservazionismo non sono mutualmente esclusivi, formano due estremi di una interpretazione del nostro posto nell’ecosistema. Molti conservazionisti ammetteranno che gli uomini abbiano più diritto di sopravvivere di altre specie, e che lo sviluppo, preferibilmente sostenibile, sia parte della nostra esistenza.
I fautori della dottrina delle risorse sono ugualmente consapevoli della distruttività delle attività umane e si sforzano per ridurla.
Molti dei biologi conservazionisti stanno attualmente lavorando sotto le seguenti assunzioni:
– gli uomini sono parte della natura e stanno usando risorse naturali;
– gli uomini stanno distruggendo la natura e il loro impatto deve essere ridotto, o persino invertito.

Questa dicotomia può essere più chiara nel caso dell’ecologia della restaurazione. La tecnologia umana viene impiegata per la restaurazione delle aree distrutte da altre tecnologie umane. In questo contesto sono presente entrambi i valori della natura, intaccata dalle attività umane, e il concetto della gestione attiva della natura attraverso l’uso della tecnologia umana.
Le specie aliene sono considerate una delle grande minacce alla biodiversità in questi giorni.
La loro introduzione causa l’estinzione delle specie in tutto il mondo, e causa modifiche ecologiche maggiori (Gosling et al, 1989, Vitousek, 1996, Mack et al, 2000), in modo particolare nelle piccole isole (Roemer et al. 2002). Le specie aliene possono predare direttamente o competere con le specie autoctone (come nel caso dei serpenti bruni articoli nell’isola di Guam), o possono danneggiarli indirettamente tramite l’introduzione di nuovi patogeni o alterare la catena alimentare (come nel caso dei suini ferali delle isole al largo della costa della California). Causano ingenti danni economici, stimati attorto ai milioni di dollari annui (OTA, 1993, Pimentel, 2000). Dinanzi a un’invasione, il metodo preferito in molti casi è la totale eradicazione della specie aliena. (Zavaleta, 2002, Genovesi, 2000, IUCN, 2000, Myers
et al 2000, Simberloff, 2002). Quando questo metodo non e’ possibile, si utilizza i metodi di controllo a basse densità ed altri metodi per ridurre la diffusione e minimizzare ulteriori danni operati dalle specie invasive.

Lo Scoiattolo Grigio in Italia

Lo scoiattolo grigio americano (Sciurus carolinensis), è una specie originaria del Nord America orientale, ed è stata introdotta nell’area piemontese (Nord ovest dell’Italia) nel 1948. Due coppie sono state importate da Washington, DC (USA) e rilasciate a Stupinigi (in provincia di Torino). Nel 1966, cinque animali sono stati importati da Norfolk (Virginia, USA) e rilasciati nel parco della Villa Groppallo a Nervi (Genova).  Una terza introduzione è avvenuta nel 1994 a Trecate (provincia di Novara) quando il comune ha finanziato il rilascio di tre coppie di scoiattoli grigi nel parco urbano, ad ogni modo, a causa della pressione  per l’eradicazione di questa popolazione, gli animali sono stati ricatturati due anni dopo. In tutti i casi il rilascio è avvenuto per questioni estetiche, principalmente da privati che hanno apprezzato gli animali durante i loro viaggi negli Stati Uniti. Sembra che l’areale della popolazione di Nervi sembri essere contenuto in un area di  2–3 km vicino al sito di introduzione. Il sito è circondato dal mare e da strade trafficate, e una limitata presenza di alberi copre le aree circostanti,  quindi l’espansione della popolazione sembra essere improbabile, almeno nel futuro prossimo. (Bertolino and Genovesi, 2003).

L’areale della popolazione piemontese ha mostrato una crescita esponenziale a partire dalla sua introduzione. Sin dal  1970, lo scoiattolo grigio è stato osservato solo vicino al sito originale del rilascio, occupando un area di circa   25 km². Nel 1990, l’areale della specie era di 243 km², nel 1997 di 380 km², nell’inverno del1 999 lo scoiattolo grigio era presente in un’area di 880 km². La crescita esponenziale dell’areale è coerente con lo schema predetto da Elton (1927) per quanto riguarda l’introduzione di una specie. Questo pattern è caratterizzato da una prima fase di insediamento (fino circa il 1970), dove la possibilità di estinzione è alta, una fase di rapida crescita, e alla fine una fase di stabilizzazione. In accordo con lo schema, la diffusione dello scoiattolo grigio può essere descritta dalla prima fase di lenta crescita e successiva rapida crescita nel periodo tra il 1998 e il  2000 (Bertolino and Genovesi, 2003, Lurtz et al., 2001, Genovesi and Bertolino, 2001).

Minacce potenziali

L’Italia ha l’unica popolazione di scoiattolo grigio del continente europeo. Nelle isole inglesi, dove la specie è stata introdotta numerose volte verso la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo, lo scoiattolo grigio ha abbondantemente sostituito lo scoiattolo rosso autoctono (Sciurus vulgaris), che attualmente è confinato in alcune foreste di conifere della Scozia e alcune aree dell’Inghilterra e del Galles. (Gurnell, 1996, Gurnell and Pepper, 1993). In Italia è stata registrata una tendenza di sostituzione similare: uno studio sulla distribuzione dell’areale dello scoiattolo grigio ha mostrato un’aumento del 46% dell’areale dello scoiattolo grigio tra il 1970 al 1990 e un ulteriore aumento del 55% dal 1990 al 1996 (Bertolino and Genovesi, 2003, Genovesi and Bertolino, 2001).
Una sostituzione simile è stata registrata in California, dove lo scoiattolo grigio orientale introdotto aveva sostituito lo scoiattolo volpe autoctono (Sciurus niger) (Lidicker, 1991). Alcuni temono che lo scoiattolo grigio possa diffondersi in tutta l’Eurasia e sostituire completamente le specie di scoiattoli autoctone.

Un altra grande preoccupazione è l’impatto dello scoiattolo grigio negli ecosistemi forestali e sulle attività legate al legname a causa dello scortecciamento. Lo scortecciamento operato dagli scoiattoli grigi infligge delle ferite negli alberi che possono facilitare la penetrazione di insetti, funghi e possono danneggiare severamente la qualità del legno, soprattutto per quanto riguarda le latifoglie, (Kenward, 1983, 1989), il platano (Acer pseudoplatanus) e il faggio (Fagus sylvatica), che sono particolarmente vulnerabili allo scortecciamento. Queste specie sono largamente distribuite sulle Alpi e sono le specie dominanti di certi ecosistemi (Bertolino and Genovesi, 2003). Kenward (1989) suggerendo che la rigenerazione naturale dei boschi è meno suscettibile allo scortecciamento e che i maggiori fattori contribuenti allo scortecciamento sono le piantagioni ben distribuite delle piantagioni commerciali.
Una popolazione di scoiattolo grigio introdotta nel Sud Africa è sospettata di predare uova e nidiate, ma l’estensione e l’impatto sono ignote (Bigalke and Pepler, 1991). Sono stati inoltre riportati casi simili di scoiattoli che predano uccelli (Wesolowski, 2002) tartarughe (Kolbe and Janzen, 2002) e uova.

Azioni attuate

Dal 1989, molte organizzazioni internazionali e molti scienziati, incluso l’IUCN e la British Forestry Commission, hanno informato le autorità italiane sulla minaccia rappresentata dall’invasione dello scoiattolo grigio nei confronti dello scoiattolo rosso, la quale richiedeva l’eradicazione della specie invasiva. L’INFS (Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica) ha approvato la raccomandazione di eradicare lo scoiattolo grigio dall’Italia ed ha avvisato il Ministro dell’Economia, il Ministro dell’Agricoltura e tutte le amministrazioni locali (responsabili per la gestione dei piani di controllo delle specie invasive) riguardo la drastica espansione dell’areale dello scoiattolo grigio e i rischi relativi alla sua presenza (Bertolino and Genovesi, 2003).
Nel 1996, la popolazione totale degli scoiattoli grigi era stimata attorno a 6390 animali. Al tempo, lo scoiattolo grigio era confinato nella superficie agricola del Piemonte centrale, e ciò avrebbe reso ancora possibile l’eradicazione della popolazione. Sulle basi della presunta possibilità di eradicazione e l’urgente bisogno di cominciare il controllo per evitare un ulteriore espansione (l’arrivo della specie alle Alpi e area collinare era calcolato nei prossimi due anni), l’INFS (adesso integrato nell’ISPRA), in collaborazione con l’Università di Torino, ha proposto un piano d’azione verso la fine del ’96.
Il piano consiseva in tre punti principali:
1. Monitoraggio continuo dell’areale dello scoiattolo grigio tramite l’utilizzo di hair tubes;
2. Un trial di eradicazione per provare la fattibilità dell’eradicazione totale;
3. Pianificare e Implementare l’eradicazione della popolazione piemontese intera, se praticabile.

Uno dei primi passaggi era provare una eradicazione sperimentale della piccola popolazione presente nel Parco del Castello di Racconigi, in modo da testare le tecniche, nel mentre si preparava i passi sucessivi per l’eradicazione che avrebbe dovuto essere eseguita dalle autorità locali. In modo da accrescere l’accettazione pubblica della cosa, il programma è stato spedito anche alle maggiori associazioni non governative italiane, incluse le associazioni animaliste per ricevere i loro commenti all’inizio del 1997. Nell’aprile 1997 si è tenuta una riunione consultiva con alcune delle organizzazioni animaliste che si sono opposte al progetto e si voleva discutere riguardo possibili alternative.
Sia il trasporto degli scoiattoli grigi nell’areale originario (Nord America) e il piano di sterilizzazione dell’intera popolazione sono stati rifiutati (6) (Gevonesi and Bertolino, 2001). Sulla base dei commenti rimanenti e dopo la richiesta formale di una delle organizzazioni non governative (Legambiente), si è deciso di seguire le linee guida del ‘‘Panel of Euthanasia’’ (AVMA, 1993), e i successivi protocolli sono stati adottati:
1) cattura di scoiattoli vivi per evitare rischi relativi alle specie non-target;
2) controllo frequente delle trappole, per ridurre il confinement degli animali;
3) anestesia con alotano, un gas anestetico che riduce lo stress nei Roditori;
4) successiva eutanasia degli animali attraverso un’overdose di alotano;
5) constante supervisione operata da un veterinario.
Sulla base dei protocolli revisionati, buona parte delle organizzazioni non governative ha approvato il piano di eradicazione.

La fase operativa è iniziata nel maggio 1997. Gli obbiettivi dell’eradicazione trial erano
1. valutare l’efficacia del trappolaggio in vivo per il trial dell’eradicazione
2. calcolare lo sforzo necessario per eradicare la popolazione del Piemonte
3. stimare la presenza del Parapoxvirus (7)
A metà dell’Aprile 1997, l’eradicazione trial era incominciata. Gli animali catturati sono stati messi in un contenitore chiuso, trattati con alitano e monitorati da un veterinario che monitorava i parametri dello stress e i tempi necessari per raggiungere lo stato di incoscienza. Dopo l’eutanasia, un prelievo di sangue è stato prelevato ed è stato condotto un esame post-mortem nel laboratorio. Durante le due sessioni del trappolaggio (con un totale di otto animali catturati per giorno), 188 animali sono stati catturati; nessuna delle specie non-target è stata catturata. Gli scoiattoli hanno raggiunto lo stato di incoscienza in meno di un minuto e sono stati sottoposti ad eutanasia sul campo.

L’opposizione e i risultati

Nel giugno 1997, le associazioni animaliste [OIPA, LAV, LAC, ENPA, Animalisti Italiani ndT] hanno trascinato a processo il coordinatore del trial dell’eradicazione e il direttore dell’INFS , accusandoli di caccia illegale, danno alla proprietà dello Stato e crudeltà verso gli animali.  Il trial è stato fermato. Secondo la legge italiana, l’INFS non richiede l’autorizzazione per condurre ricerche che coinvolgano le catture degli animali, inoltre non può condurre direttamente i piani di controllo delle specie invasive. Il Ministro dell’Ambiente ha dichiarato che il trial dell’eradicazione era necessario per proteggere la proprietà dello stato, in particolare lo scoiattolo rosso autoctono, ed era coerente con la Convenzione di Berna e con la Convenzione sulla Diversità Biologica adottata in Italia. Il processo di primo grado è terminato alla fine del dicembre 1999. Il giudice ha stabilito che i due ufficiali erano colpevoli di caccia illegale e crudeltà nei confronti degli animali. Sono stati assolti per il reato di danneggiamento della proprietà dello Stato. Al giudizio in appello durante giugno 2000, i due ufficiali sono stati assolti dalla Corte d’Appello. (Genovesi and Bertolino,
2001, Bertolino and Genovesi, 2003).
Il processo è stato  descritto sui giornali, inclusa la tv nazionale e i giornali italiani più influenti secondo diversi punti di vista (Genovesi and Bertolino, 2001). Diverse organizzazioni, inclusa la World Conservation Union (IUCN) [Unione Mondiale per la Conservazione della Natura], la Società Zoologica Italiana e l’Associazione Teriologica italiana, hanno sostenuto il trial dell’eradicazione, indicando che il progetto promosso dall’INFS era scientificamente ed eticamente corretto.
La battaglia legale di 3 anni ha causato il fallimento della campagna intera. La terminazione precoce del trial per l’eradicazione non hanno permesso di valutare il lavoro necessario per eradicare l’intera popolazione e le amministrazioni locali non hanno proceduto con le eradicazioni pianificate. Come risultato la specie si è espansa in modo significativo, e l’eradicazione non è più considerata fattibile. (Bertolino and
Genovesi, 2003).

[Per comprendere il metodo e l’importanza delle azioni legali degli animalisti in Italia leggi i nostri articoli ‘La Magistratura‘, ‘Le Leggi Animaliste ndT’]

Prospettive future

Si prevede un’espansione dello scoiattolo grigio verso le Alpi nei decenni a venire, e sembra probabile un’ulteriore espansione in una larga porzione dell’Eurasia.  Questa previsione è descritta da un modello sviluppato da Lurz et al. (2001): secondo questo modello, l’espansione dello scoiattolo grigio è destinata ad accelerare nelle foreste dell’arco pre-alpino a causa della superficie boschiva ininterrotta e la specie attraverserà le Alpi e raggiungerà la Francia in 30-50 anni.
I dati raccolti nel Regno Unito e in Italia sono consistenti con la conclusione che la specie potrebbe colonizzare rapidamente un’area ampia dell’Eurasia nel medio-lungo termine (includendo potenzialmente tutto l’areale occupato attualmente dallo scoiattolo rosso).
Una strategia per il controllo dello scoiattolo grigio è stata elaborata nel 2000. L’obbiettivo della strategia è:
1) identificare aree chiave per la conservazione dello scoiattolo rosso;
2) contenere lo scoiattolo grigio in modo da ritardare la diffusione negli Stati confinanti e nel sistema montano italiano.

Commenti e analisi

Il caso degli scoiattoli italiano mostra il ruolo che giocano le convinzioni sociali e preoccupazioni nelle decisioni politiche. Nonostante il contributo scientifico suggerisca una necessità d’azione rapida, ignorare l’opinione pubblica può essere controproducente. Era chiaro ancora prima del trial dell’eradicazione che alcune associazioni animaliste si sarebbero opposte alla procedura (Genovesi and Bertolino, 2001). La differenza del target in entrambi i gruppi – l’individuo per i diritti animali, la specie per i biologi –  è una delle ragioni dell’opposizione iniziale. Secondo una prospettiva per i diritti animali, la preservazione delle specie non controbilancia la vita di un singolo individuo animale. Secondo il punto di vista ecologista, la preservazione delle specie è la priorità più alta, specialmente quando una specie aliena che non dovrebbe essere in un certo luogo sta minacciando la sopravvivenza di altre specie.
La ragione principale per sterilizzare e ricollocare gli animali era considerata infattibile a causa delle costrizioni di natura economica.
Il costo attuale del controllo durante il trial dell’eradicazione era di circa 50 Euro/per scoiattolo (Bertolino, comunicazione personale).  Il costo addizionale per sterilizzazione era considerato da 50 (Genovesi, comunicazione personale) a 80 (Bertolino, comunicazione personale) Euro per scoiattolo. Siccome solo circa la metà della popolazione (tutti i maschi o tutte le femmine) dovevano essere sterilizzate, un aggiunta di  150.000- 400.000 Euro al budget di 300.000-500.000 Euro avrebbe dovuto essere richiesto per trasformare l’eradicazione in un piano di sterilizzazione. Se consideriamo le spese legali da entrambe le parti, che sono di circa 20,000 Euro, non si avvicinano all’ammontare richiesto per la sterilizzazione (Genovesi e Bertolino, comunicazione personale). Un metodo alternativo di controllo era la sterilizzazione chimica, suggerita all’inizio del 1961 ed esaminata nel 1983.  Si stimava che avere una popolazione sterile potesse essere un’alternativa superiore all’eradicazione  (Johnson, 1983). Siccome, stando al piano proposto, tutti gli animali sarebbero stati catturati, trattati o rilasciati, l’unica differenza sarebbe stata il costo aggiuntivo della sterilizzazione. Chissà se alcune associazioni animaliste avrebbero potuto donare alcuni fondi o forse alcuni veterinari che supportavano la campagna o gli animalisti avrebbero potuto essere persuasi a contribuire con la loro esperienza nello sterilizzare gli animali, cosa che avrebbe sicuramente ridotto i costi.
Un’altra alternativa all’eradicazione può venire dai ricercatori delle aree dove queste due specie di scoiattoli hanno coesistito per lunghi periodi. Uno studio suggerisce che la distribuzione di tre specie in queste area era una possibile spiegazione dell’effetto ridotto della presenza dello scoiattolo grigio nella popolazione degli scoiattoli rossi (Bryce, 2002). La riproduzione di queste tre comunità per facilitare la coesistenza non è un’opzione che è stata esplorata.
In questo caso la comunicazione tra le due fazioni era stata stabilita prima dell’attuale trial dell’eradicazione.
Così hanno dichiarato in anticipo i gruppi animalisti che si sono opposti alla procedura. Se i biologi conservazionisti avessero saputo il possibile esito, dubito che avrebbero iniziato il trial per l’eradicazione prima di raggiungere un’accordo con i gruppi rimanenti. Loro stessi adesso suggeriscono che sia necessario un esame approfondito dell’accettazione pubblica e degli aspetti legali prima di tentare qualsiasi azione simile (Genovesi and Bertolino, 2001, New Zealand Office of the Parliamentary Commissioner for the Environment, 2000, Thompson and Lapointe, 1995). Ma la vita dei singoli animali, che sono il problema principale per i gruppi animalisti, non fa parte delle loro considerazioni.
Si tratta forse di un argomento fondamentale. Se i biologi conservazionisti non considerano la vita animale un problema di significato morale, il fatto comune rimane ed è il punto centrale dei diversi sforzi degli animalisti nel mondo. L’opinione pubblica e i media sembrano più favorevoli a questi gruppi più spesso di quanto lo siano nei confronti degli scienziati.  Attualmente una parte sostanziale della comunità scientifica considera gli animalisti come una minaccia diretta per la conservazione della fauna selvatica (Schmidt, 1990) ma agisce come se la dottrina dei diritti degli animali non valga seria considerazione.  Sfortunatamente questo è quanto spesso accade nei confronti dell’analisi scientifica da parte degli animalisti, e questo lascia veramente poco spazio al dialogo (Decker and Brown, 1987).
Un altro problema che è emerso durante le ricerche sull’interazione tra lo scoiattolo grigio e lo scoiattolo rosso (principalmente in Gran Bretagna) era il ruolo del Parapoxvirus, una malattia virale che ha contribuito al declino dello scoiattolo rosso. Secondo alcuni ricercatori si crede che questa malattia sia una spiegazione (almeno in parte) della sostituzione dello scoiattolo rosso con lo scoiattolo grigio nelle aree di interazione (Tompkins et al, 2003, Rushton et al, 2000, Sainsbury et al, 2000). Non è mai emersa l’idea di elaborare un vaccino, nonostante lo scoiattolo grigio sia portatore di questo virus, il virus è esso stesso una specie aliena direttamente responsabile della mortalità dello scoiattolo rosso. Se il virus fosse il fattore decisivo, eliminarlo potrebbe prevenire il danno e rendere possibile la coesistenza di entrambe le specie.

Per quanto riguarda le associazioni animaliste, esse si sono servite di due fattori importanti che giocavano a loro vantaggio:
Uno era la situazione legislativa italiana, unica  nel suo genere, che ha permesso loro di portare avanti una battaglia legale contro l’INFS. L’altro fattore era l’effetto “animale carino e peloso” sull’opinione pubblica che ha permesso alle associazioni animaliste di mobilitare i media e la massa contro gli scienziati e il loro piano di eradicazione.
Ad ogni modo questo caso non era tipico, ed è stata solo una delle molte possibilità che possono accadere. Usando la legge e l’opinione pubblica, le associazioni animaliste hanno colto impreparato l’INFS, ma attualmente c’è un tentativo di modificare la legge per far fronte a queste situazioni. Siccome l’Italia si è unita ai trattati europei ed internazionali, i quali impongono all’Italia di prevenire l’introduzione di specie invasive all’interno dei loro confini e agli Stati confinanti (Convenzione di Berna, Convenzione sulla Biodiversità) la politica e la legge potrebbe cambiare nel futuro prossimo. La prossima volta è possibile che gli animalisti non abbiano la legge dalla loro parte, così è probabile che non siano capaci di portare avanti azioni legali contro i piani di eradicazione. La cooperazione pubblica potrebbe anche essere messa in dubbio nei casi successivi, se si parla di eradicare rospi, serpenti o ragni.

Forse la cooperazione con gli scienziati per trovare un piano accettabile da entrambi lati, avrebbe funzionato nella lunga corsa più che la dolce vittoria in questo singolo caso.  Avrebbe potuto essere utile nel trasmettere agli scienziati il valore economico e morale delle vite animali dell’opinione pubblica.
Ci sono alcune discussioni sulla quasi automatica esigenza dell’eradicazione delle specie aliene che non approfondirò in dettaglio in questo paper. “Biodiversità” è uno dei temini spesso usati nel contesto delle specie invasive, a ha diversi significati, ed è incerto se possa portare con sé il peso morale della giustificazione dell’uccisione di animali. (Takacs, 1996, Angermeier, 1994). Anche la definizione di processi “naturali”, che è fondamentale per dichiarare quali siano le specie aliene o esotiche, è stata attaccata. (Cronon, 1995). il totale biasimo nei confronti delle specie aliene è opinabile (Peretti, 1998). L’abilità di prevedere l’invasività delle specie esotiche è limitata (Wilson, 2000), persino l’idea di una gestione ecologica è stata accusata di arroganza (Stanley, 1995). Questi argomenti sono stati discussi da altri Autori altrove 8 e meritano una considerazione più profonda di quella che permette lo scopo di questo paper. Una questione che voglio porre qui riguarda l’affermazione che gli scienziati fanno quando dichiarano che la scienza e le valutazioni scientifiche sono sganciati dai valori. Dimostrerò solo come questo assunto possa essere controverso nei riguardi del trattamento delle specie aliene. Un aspetto riguarda la questione del ruolo degli umani nei processi naturali.  Ho illustrato precedentemente le differenti visioni all’interno della biologia conservazionista. Per esempio ci sono alcuni (una piccola minoranza di persone all’interno della comunità scientifica)  che sostiene che le specie invasive possano crescere la biodiversità in alcuni casi (McKinney, 2002). Ad ogni modo, se è comunemente accettata l’assunzione che le specie aliene sono dannose, quali sono le implicazioni morali di tale asserzione? Le specie aliene sono e saranno sempre introdotte per l’agricoltura.  Un piano preventivo, persino una lista bianca imposta dalla Nuova Zelanda, coinvolge poco il dibattito morale, e si interfaccia con la pressione economica di diversi gruppi di commercio internazionali e persino governi nazionali.  Misure probatorie e misure produttive, che coinvolgano dilemmi morali più profondi, non sembrano influenzare gli scienziati.

Quando uno scienziato pianifica una campagna relativa alle specie invasive, prende in considerazione gli aspetti economici e legali.  Le considerazioni morali e sociali sono spesso sottovalutate, e persino qualche volta sono considerate come “indipendenti”, “affette da bias” o “non scientifiche” e per questo escluse o ignorate.

Quando le considerazioni morali e sociali vengono considerate, spesso vengono attribuite a contesti delle relazioni pubbliche, come possibili ostacoli alla fattibilità dei piani di eradicazione.

È vero che molti animalisti non studiano ogni caso per comprendere le motivazioni dietro le raccomandazioni scientifiche. In alcuni casi gli animalisti sono stati responsabili di aver impedito una morte dolce degli animali operata dagli umani, per condannarli al loro destino di una lunga e atroce sofferenza (Coblentz, Bruce E., comunicazione personale).  Esistono anche alcune dubbie decisioni e raccomandazioni di natura scientifica.

Alcune delle azioni prese dai biologi conservazionisti riguardano degli aspetti legali. Per affrontare questioni legali si confrontano con esperti legali  (Shine and Gundling, 2000). Alcune azioni riguardano questioni legali e loro consultano esperti in economia. Ma quando ci si interfaccia con dilemmi morali o sociali, gli scienziati tendono a ignorare le questioni piuttosto di rivolgersi ai filosofi morali o agli scienziati sociali. . Penso che questo caso, e anche tutta la questione delle specie invasive, dimostra come l’ecologia della conservazione dovrebbe  richiedere un grande coinvolgimento di scienziati sociali e filosofi morali.

In alcuni casi, comprendere meglio le posizioni degli animalisti può essere la chiave per la cooperazione con gli attivisti.  Lo stesso vale per quant riguarda una migliore comprensione della biologia da parte degli animalisti. I diritti animali non sono la sola tematica che ha incoraggiato le manifestazioni contro i piani per la conservazione. Nell’area di Chicago, la comunità della Cook County si è opposta a un piano per tagliare gli alberi nei parchi locali in modo da riportarli a una condizione più vicina a quanto erano prima dell’insediamento degli Europei (Barro and Bright, 1998). Un piano per rimuovere alcuni alberi di Eucalipto nella zona di San Francisco per aiutare nei sforzi di conservare una rara pianta endemica si è imbattuto similmente con una grande opposizione da parte delle comunità locali per ragioni sociali. (Todd, 2002).

Confrontarsi con esperti di scienze sociali e filosofia morale potrebbe aiutare gli scienziati a capire il tipo di opposizione con cui si interfacciano. Una migliore comprensione delle motivazioni dietro questi gruppi può portare a una formazione di piani migliori che possono essere accettati dal grande pubblico. Questo può anche permettere loro di convogliare la loro posizone all’opinione pubblica in modo che ci sia meno risentimento e opposizione, e persino possibilità di una maggiore cooperazione.

Dan Perry
Bar-Ilan University

Riconoscimenti

Vorrei ringraziare Dan Simberloff, Noah Efron e Gad Perry per i loro commenti alla versione precedente del paper. Un ringraziamento anche a Piero Genovesi e Sandro Bertolino per le informazioni sul tentativo di eradicazione dello scoiattolo grigio in Italia.  Un ringraziamento per il loro supporto, commenti, idee e informazioni agli specialisti e la facoltà al programma interdisciplinare di filosofia della storia alla Bar Ilan University.

Bibliografia

Adams, J. M., Piovesan, G., Strauss, S., Broun, S., 2000. “The Case for Genetic Engineering of Native and Landscape Trees Against Introduced Pests and Diseases,” Conservation Biology 16 (4), 874-879.

Angermeier, P., 1994. “Does Biodiversity Include Artificial Diversity?” Conservation Biology 8 (2), 600-602.

Angermeier, P. and Karr James R., 1994. “Biological integrity Versus Biological Diversity as Policy Directives,” BioScience 44 (10), 690-697. AVMA (American Veterinary Medical Association), 1993. Panel of Euthanasia. Journal of the American Veterinary Medical Association
202 (2), 229–249.

Barro, S. C. and Bright, A. D., 1998. Public Views on Ecological Restoration. Restoration and Management Notes 16 (1), 59-65.

Bertolino S, Genovesi P, 2003. “Spread and attempted eradication of the grey squirrel (Sciurus carolinensis) in Italy, and consequences for the red squirrel (Sciurus vulgaris) in Eurasia,” Biological Conservation 109, 351–358.

Bigalke, R. C. and Pepler, D., 1991. “Mammals Introduced to the Region of South Africa.” In Groves, R. H. and Di Castri, F. (Ed.), Biogeography of Mediterranean Invasions. Cambridge University Press, Cambridge, pp.284-292.

Bomford, M., O’Brien, P., 1995. “Eradication or control for vertebrate pests?” Wildlife Society Bulletin 23 (2), 249–255.

Bryce, J. Johnson P. J., and Macdonald D. W., 2002. “Can Niche Use in Red and Grey Squirrels Offer Clues for their Apparent Coexistence?” Journal of Applied Ecology 39, 875-887.

Callicott, B. J., Crowder, L. B., Mumford, K., 1999. “Current Normative Concepts in Conservation,” Conservation Biology 13, 22-35.

Callicott, B. J., Mumford Karen, 1997. “Ecological Sustainability as a Conservation Concept,”Conservation Biology 11, 32-40.

Cronon, W. (ed), 1995. Uncommon Ground: Rethinking the Human Place in Nature, W. W. Norton and Company, New York and London.

Decker, D. J. and Brown, T. L., 1987. “How Animal Rightists View the Wildlife Management Hunting System”. Wildlife Society Bulletin 15, 599-602. Elton, C. S., 1927. Animal Ecology. Sidgwick & Jackson, London.

Genovesi, P., 2000. Guidelines for Eradication of Terrestrial Vertebrates: a European Contribution to the Invasive Alien Species Issue. Council of Europe, tpvs65e-2000, 61 pp.

Genovesi, P., Bertolino, S., 2001. “Human dimension aspects in invasive alien species issues: the case of the failure of the grey squirrel eradication project in Italy”. In: McNeely, J.A. (Ed.), The Great Reshuffling: Human Dimensions of Invasive Alien Species. IUCN, Gland Switzerland and Cambridge, UK, pp. 113–119.

Gosling, L.M., Baker, S.J., 1989. “The eradication of muskrats and coypus from Britain.”Biological Journal of the Linnean Society 38, 39–51.

Gurnell, J., 1996. “The effects of food availability and winter weather on the dynamics of a grey squirrel population in southern England”. Journal of Applied Ecology 33, 325–338.

Gurnell, J., Pepper, H., 1993. “A critical look at conserving the British red squirrel Sciurus vulgaris.” Mammal Review 23, 125–136.

IUCN, 2000. Guidelines for the Prevention of Biodiversity Loss caused by Alien Invasive Species.

IUCN, Gland, Switzerland, February 2000, 14 pp.

Jasper, J. M., and D. Nelkin., 1992. The Animal Rights Crusade: The Growth of a Moral Protest. The Free Press, New York.

Johnson, E. and A. J. Tait., 1983. “Prospects for the Chemical Control of Reproduction in the Grey Squirrel.” Mammal Review 13(2/3/4), 167-172.
Kenward, R.E., 1983. “The causes of damage by Red and Grey squirrel.” Mammal Review 13 (2–4), 159–166.

Kenward, R.E., 1989. “Bark-stripping by grey squirrels in Britain and North America: why does the damage differ?” In: Putman, R.J. (Ed.), Mammals as Pests. Chapman and Hall, pp. 144–154.

Kolbe, J. J. and F. J. Janzen, 2002. “Spatial and Temporal Dynamics of Turtle Nest Predation: Edge Effects.” Oikos 99, 538-544.

Lidicker, W. Z., 1991. “Introduced Mammals in California. In Groves,” R. H. and Di Castri, F. (Ed.), Biogeography of Mediterranean Invasions. Cambridge University Press, Cambridge, pp.263-271.

Lurz, P. W. W., Rushton, S.P., Wauters, L.A., Bertolino, S., Currado, I., Mazzoglio, P., Shirly, M. D. F., (2001). “Predicting Grey Squirrel Expansion in North Italy: A Spatially Explicit Modelling Approach.” Landscape Ecology 16, 407-42

Mack, R. N., Simberloff, D., Lonsdale, M. W., Evans, H., Clout, M., Bazzaz, F. A., 2000. “Biotic Invasions: Causes, Epidemiology, Global Consequences, and Control.” Ecological Applications 10 (3), 689-710.

McKinney, M. L., 2002. “Do Human Activities Raise Species Richness? Contrasting Patterns in United States Plant and Fishes.” Global Ecology and Biogeography 11, 343-348.

Myers, J.H., Simberloff, D., Kuris, A.M., Carey, J.R., 2000. “Eradication revisited: dealing with exotic species.” Trends in Ecology and Evolution 16 (8), 316–320.

New Zealand Office of the Parliamentary Commissioner for the Environment, 2000. “Caught in the Headlights: New Zealanders’ Reflections on Possums, Control Options and Genetic Engineering.” Parliamentary Commissioner for the Environment, Wellington.

OTA (Office of Technology Assessment), 1993. “Harmful Non-Indigenous Species in the United States” (OTA F-565). US Government Printing Office, Washington, DC.

Peretti, J. H., 1998. “Nativism and Nature: Rethinking Biological Invasions.” Environmental Values 7, 183-192

Pimentel, D., Lach, L., Zuniga, R., Morrison, D., 2000. “Environmental and economic costs of nonindigenous species in the United States.” BioScience 50 (1), 53–65.

Rachels, J.., 1976. “Do Animals Have a Right to Liberty?” In Regan, T. and Singer, P. (Eds.), Animal Rights and Human Obligations. Prentice-Hall, Englewood Cliffs, pp 205-223.

Regan, T., 1976. “Do Animals Have a Right to Life?” In Regan, T. and Singer, P. (Eds.), Animal Rights and Human Obligations. Prentice-Hall, Englewood Cliffs, pp 197-204.

Regan, T. and Singer, P. (Eds.), 1976. Animal Rights and Human Obligations. Prentice-Hall, Englewood.

Redhead, T. D., Singelton, G. R., Myers, K., Coman, B. J., “Mammals Introduced to Southern Australia.” In Groves, R. H. and Di Castri, F. (Ed.), Biogeography of Mediterranean Invasions. Cambridge University Press, Cambridge, 1991, pp.293-308.

Roemer, G. H., Donlan, J. C., Courchamp, F., 2002. “Golden Eagles, Feral Pigs, and Insular Carnavores: How Exotic Species Turn Native Predators into Prey.” Proceedings of the National Academy of Science 99 (2), 791-796.

Rolston, H. (1988). Environmental Ethics: Duties to and Values in the Natural World. Philadelphia, Temple University Press.

Rushton, S.P., Lurz, P.W.W., Gurnell, J., Fuller, R., 2000. “Modelling the spatial dynamics of parapoxvirus disease in red and grey squirrels: a possible cause of the decline in the red squirrel in the UK?” Journal of Applied Ecology 37 (6), 997–1012.

Sainsbury, A.W., Nettleton, P., Gilray, J., Gurnell, J., 2000. “Grey squirrels have high seroprevalence to a parapoxvirus associated with deaths in red squirrels.” Animal Conservation 3, 229–233.

Schmidt, R. H., 1990. “Why do we Debate Animal Rights?” Wildlife Society Bulletin 18, 459-461.

Shine, C., Williams, N., Gundling, L., 2000. “A guide to designing legal frameworks on alien invasive species.” IUCN Environmental Policy and Law paper no. 40.

Simberloff, D. 2002. “Today Taragiri tomorrow the world!—are we aiming too low in invasives control?” In: Veitch, C.R., Clout, M.N. (Eds.), Turning the Tide: the Eradication of Invasive Species. Invasive Species Specialist Group of IUCN, Gland and Cambridge. Pp. 4-12.

Simberloff, D. 1998. “Flagships, Umbrellas, and Keystones: Is Single-Species Management Passé in the Landscape Era?” Biological Conservation 83 (3), 247-257.

Singer, P., 1975. Animal Liberation: A New Ethics for Our Treatment of Animals. New York Review, New York.

Singer, P., 1993. Practical Ethics, Second Edition.Cambridge University Press, Cambridge, Massachusetts.

Stanley, T. R., 1995. “Ecosystem Management and the Arrogance of Humanism.” Conservation Biology 9 (2), 255-262.

Takacs, D., 1996. The Idea of Biodiversity: philosophies of Paradise. Johns Hopkins University Press, Baltimore and London.

Thompson, T. R. and Lapointe, G. D., “Learning from Animal Activists: A Workshop Approach.” Wildlife Society Bulletin 23 (4), 1995, 588-593.

Todd, K., 2002. “Botanically Correct.” Grist, 6th November 2002.

Tompkins D. M., White A. R., Boots M., 2003. “Ecological Replacement of Native Red Squirrels by Invasive Greys Driven by Disease.” Ecological Letters 6, 189-196.

Veitch, C.R., Clout, M.N. (Eds.) 2003, “Turning the Tide: the Eradication of Invasive Species.” Invasive Species Specialist Group of IUCN, Gland and Cambridge.

Vitousek, P.M., D’Antonio, C.M., Loope, L.L., Westbrooks, R., 1996. “Biological invasions as global environmental change.” American Scientist 84, 468–478.

Wesolowski, T., 2002. “Anti-Predator Adaptations in Nesting Marsh Tits Parus palustris: The Role of Nest-Site Security.” Ibis 144, 593-601.

Wilson, O. E., 2000. “On the Future of Conservation Biology.” Conservation Biology 14 (1), 1-3.

Zavaleta, E. S., 2002. “It’s Often Better to Eradicate, But Can We Eradicate Better?” In: Veitch, C.R., Clout, M.N. (Eds.), Turning the Tide: the Eradication of Invasive Species. Invasive Species Specialist Group of IUCN, Gland and Cambridge. Pp. 393-404.

Note:

  1. Pagina web della Società per la Biologia della Conservazione (http://conbio.org/SCB/Information/Mission/).
  2. Per un welfarist che non si sente appartenere a questa descrizione si veda Rollin, B., 1992. Animal rights & human morality, Buffalo, N.Y.,Prometheus Books.
  3. Per alcuni esempi di filosofia animale si veda Regan and Singer, 1976, pp. 179-184.
  4. Andrew Linzey has a God-derived animal rights philosophy/theology that may be considered
    non-intrinsic. For more detail on his “Theos Rights” theology see Linzey, A. 1994, Animal
    Theology. SCM Press, London.
  5. Mi concentro sul discorso del diritto alla fits siccome era al centro del dibattito nel caso discusso successivamente. Questo probabilmente è il punto cruciale con meno variazioni possibili all’interno delle dottrine dei diritti degli animali.
  6. La principale ragione per rifiutare queste alternative era di tipo economico. Si veda la discussione successiva.
  7. il Parapoxvirus è una malattia ad eziologia virale che sembra essere in molti casi fatale per lo scoiattolo rosso. Lo scoiattolo grigio è sospettato essere il carrier del virus e di infettare gli scoiattoli rossi autoctoni.
  8. Per alcune discussioni sulla tematica, si legga per esempio Simberloff, D., 2003. “Confronting Introduced Species: A Form of Xenophobia?” Biological Invasions 5, 179-192.

Note traduttore:

a) Arluke, A., & Madfis, E. (2014). Animal abuse as a warning sign of school massacres: A critique and refinement. Homicide studies, 18(1), 7-22.

b) Henry, B. C., & Sanders, C. E. (2007). Bullying and animal abuse: Is there a connection? Society & Animals 15, 2:107-126.

c) Leary, M. R., Kowalski, R. M., Smith, L., & Phillips, S. (2003). Teasing, rejection, and violence: Case studies of the school shootings. Aggressive Behavior, 29(3), 202-214.

 

 

Partecipa alla discussione:

Un pensiero riguardo “Diritti Animali e Disastri Ambientali: il caso dello scoiattolo grigio nel Nord Italia

Rispondi